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Stop violenza alle donne: l'intervento di Giorgio Franco

#stopviolence Stop violenza alle donne: l'intervento di Giorgio Franco


#stopviolence Stop violenza alle donne: l'intervento di Giorgio Franco

Stop violenza alle donne: l'intervento di Giorgio Franco

La fine crudele della povera Giulia mi ha riportato alla mente il primo giorno della mia presidenza al Magistrale di Belvedere marittimo, era il 10settembre dell’ottantatré. Era una scuola frequentata principalmente da donne e l’idea che io avevo della donna era funzionale all’influenza che su di essa avevano esercitato le figure femminili che avevano accompagnato la mia vita e la dimensione culturale che le aveva legittimate. Convocai tutti (la grammatica prescriveva il maschile quando i generi erano misti) nell’androne principale e dissi loro che quella era una scuola di donne e per questo il rispetto della donna era sacro, che la donna non andava toccata nemmeno con un fiore, che in sua presenza bisognava scappellarsi,che nell’incedere bisognava offrirle la destra, che la sua borsa andava chiamata borsetta ed il cappello cappellino. Capii subito che il mio discorso venne recepito come un residuo bellico,ma mi accorsi che tutti capirono che in quella scuola il rispetto reciproco era fondamentale, principalmente da parte di tutti verso le donne.



Ero cresciuto in una scuola in cui si bollava come barbara Medea per la sua rivendicazione: il diritto di essere non solo madre, in risposta ad un amante fedifrago irriconoscente, si giustificava la punizione mortale di Clitennestra per non aver atteso pudica e devota il rientro del marito guerriero patriottico

Non ci si scandalizzava che Ecuba e le troiane fossero scambiate come merce nel bottino di guerra

Che le sabine fossero state rapite come fecondatrici seriali

E si esaltavano le Cornelie esemplari in contrapposizione allec diClaudie/Clodie Catullo e Giovenale per giungere a alle emblematiche diversità tra Cleopatràs e Dido dauna parte e Matelda e Beatrice dall’altra balconata, bypassando Rosmunda elamachoavelliana Lucrezia, infangando Artemisia e plaudendo all’impiccagione di Eleonora Pimentel in piazza mercato, lasciando spazio a padre Manzoni di impacchettare Lucia in una nicchia di inumana architettura che la distinguesse dalla movimentata irrequietezza della monca di Monza.

Questa era la scuola in cui sono cresciuto io con i cosiddetti bravi ragazzi e da preside non mi ero ancora divincolato da simile morsa pregiudiziale

Ci vollero parecchi anni perché comprendessi

come l’avere esaltato le figure femminili le aveva isolate su un piedistallo, che ne vietava il protagonismo rivendicativo e,mi si disse,il diritto alla mediocrità, insomma capii tardi che la donna non doveva essere obbligata a primeggiare per guadagnare visibilità, ma le spettavano pari diritti ed equivalenti opportunità rispetto a quella che si identificherà solo come una parte del mondo, dalla cui biblica costola , a suo dire, sarebbe nata.



Sicuramente non si parlava di femminicidi ai tempi del mio liceo,se non per altro che per scarsezza di mezzi informativi.

Resta il fatto che Giulia è morta e temo non sia l’ultimo episodio di tale catena tragica, Quale ne è la ragione?

Premesso che a mio parere il termine femminicidio tenta di coprire sbrigativamente tutte le vicende che registrano morti di donne per mano maschile,

penso che le cause di tale fenomeno vadano cercata nella mutazione dei costumi,che non oso scegliere se dipendenti o generativi della legislazione, intervenuta in concomitanza con quello sviluppo maledetto da Pasolini e contrapposto all’auspicato progresso: la riforma del diritto di famiglia, la legge sul divorzio, che hanno fatto il paio con le rivendicazioni femminili sull’uso del proprio corpo, la sorellanza come ulteriore risorsa autonoma di convivenza.

Di qui la perdita dell’egemonia maschile, il passaggio della sua figura da tutore a sorvegliante, da guardiano che salvaguardi a gendarme che vieta e sanziona. È la crisi del patriarcato, ha testamentato Michela Murgia, che va sottolineato : è una dimensione dello Spirito e prerogativa non solo maschile.

Filippo, il fidanzato omicida non ha accettato il capovolgimento del rapporto di sudditanza maschio/femmina e ne è nata un’ulteriore tragedia, che se per noi si incasella nella categoria mediatica di femminicidio, per chi a Giulia era caro costituisce e rimane un fatto tragico.




I fatti , o meglio i misfatti quando balzano in cronaca reclamano sistematicamente solerzia e decisione, che non si son fatte attendere nel nostro caso. E i soloni di turno hanno tirato fuori da uno sdrucito cilindro il sempre verde “qui civuole la scuola”, pronti a prescrivere la somministrazione di una medicina stantia densa di frasi rancide che, nelle loro intenzioni dovrebbe sconfiggere questo virus epocale. Ed mi chiedo. Ma è logico, non dico giusto, prevedere scolasticistiche soluzioni in un mondo in cui studiosi, politici, artisti, soggetti di varia umanità insomma, si esibiscono muscolosamente offendendosi con parole sconce e intimidazioni inenarrabili quando entrano in combutta con loro eventuali interlocutori? È con l’esemplarità di un contesto del genere che la scuola dovrebbe misurarsi?

Non è che il garbo , la decenza, il rispetto dell’altro son diventati solo cornice protocollare per inerti sodalizi cerimoniali?

È quindi possibile combattere il cosiddetto femminicidio senza pore mano ad un modo di essere,vivere e convivere privo dello spettacolo di aggressività quotidiana presente e paurosamente futuro? E la scuola può evitare questa antica piaga? Forse si dimentica che la scuola opera per quattro/cinque ore dell’intera giornata, per le restanti ore opera l’extra scuola, che oramai è chiaro a tutti, istruisce educa, aggiorna, quanto la scuola stessa, anche se con modalità diverse. Ed è lì che bisogna operare: abituare ad una fruizione critica del messaggio mediatico,talché si possa filtrare l’uso delle notizie dall’abuso di esse, l’attendibilità dall’arbitrarietà, la vacuità dalla preminenza, la singolarità dal dozzinaggio, ed oltre, fino alla eventuale decodificazione di messaggi che scongiurino le tragicità del femminicidio. L’operazione non è semplice, ma non per questo bisogna fermarsi Domanda impertinente: tragender, utero in affitto, aborto Questo durante le parascolastiche psicologiche?

Nostalgia impenitente: che bei tempi quando i professori chiosavano temi e problemi disciplinari con incursioni etiche,senza esperti psicoscolastici!



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