Depuratori sotto sequestro a Diamante e Cetraro: la Procura di Paola intensifica i controlli
- miocomune.tv
- 21 ago
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Depuratori: due nuovi impianti finiscono sotto sequestro a Diamante e Cetraro. Escherichia coli oltre i limiti e scarichi pericolosi: indagini su inquinamento ambientale

21 agosto 2025
Diamante e Cetraro, posti sotto sequestro altri impianti. Continua senza sosta l’azione della Procura della Repubblica di Paola, guidata dal procuratore capo Domenico Fiordalisi, che da mesi ha avviato una vasta operazione di controllo sugli impianti di depurazione della costa tirrenica cosentina.
Dopo i provvedimenti che nelle scorse settimane avevano interessato i depuratori di Fuscaldo, Cetraro e Verbicaro, nelle ultime ore sono stati posti sotto sequestro altri due impianti: il secondo depuratore di Cetraro, in località Santa Maria di Mare, e quello di Diamante, gestiti rispettivamente da una società con sede a Taranto e da una con sede a Napoli.
Escherichia coli oltre i limiti di legge
Le analisi condotte dall’Arpacal avevano già evidenziato nel luglio 2023 livelli impressionanti di escherichia coli: 170.000 UFC/100 ml contro i 5.000 consentiti dal decreto legislativo 152/2006. Nuovi campionamenti effettuati l’11 agosto 2025 dalla SAI Srl – Servizi Ambientali Integrati di Lamezia Terme hanno confermato irregolarità persistenti.

Il dato più preoccupante: valori di escherichia coli pari a 9.000 UFC/100 ml, quasi il doppio del limite legale. Invece di depurare le acque reflue, gli impianti scaricavano in mare reflui potenzialmente nocivi per l’ambiente e per la salute dei cittadini e dei turisti.
Stessa situazione a Diamante
Non migliore la situazione a Diamante, dove le prime verifiche hanno confermato l’inefficienza del depuratore e la mancata osservanza delle prescrizioni tecniche di legge.
Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) ha intanto convalidato i sequestri già effettuati nelle scorse settimane a Fuscaldo, Cetraro e Verbicaro, rafforzando il quadro investigativo.
Le accuse: inquinamento ambientale e rischi per la salute
Le contestazioni mosse agli impianti riguardano principalmente il reato di inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.), che prevede pene fino a sei anni di reclusione e multe fino a 100.000 euro, e il reato di getto pericoloso di cose (art. 674 c.p.), che scatta quando si mette in pericolo la salute pubblica con scarichi dannosi.
Una strategia di controllo sistematico
L’azione coordinata dalla Procura di Paola appare come un piano sistematico di “bonifica giudiziaria”, volto a contrastare pratiche diffuse che per anni hanno compromesso il mare calabrese.
Secondo fonti vicine all’inchiesta, l’obiettivo è quello di “mettere fine ai reati ambientali che minacciano il futuro economico e sociale della regione”.
Il mare, risorsa vitale per turismo e pesca, non può più essere ostaggio di impianti malfunzionanti.

Un messaggio chiaro: tolleranza zero
La linea adottata dalla Procura è netta: tolleranza zero contro chi inquina il mare calabrese, patrimonio naturale e volano economico per l’intera regione.
La stagione dei controlli spot sembra finita: al suo posto, un’azione coordinata a lungo termine che potrebbe segnare una svolta definitiva nella gestione dei depuratori in Calabria.

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