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"Re Nudo": inammissibile per la Cassazione un ricorso sulle intercettazioni

"Re Nudo”, la cassazione decide per un caso relativo alle intercettazioni: inammissibile il ricorso

SCALEA – 31 mag. 21 - Ricorso inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla Cassa delle ammende. La vicenda, esaminata dalla Corte di Cassazione, riguarda l'attività denominata “Re nudo” con particolare riferimento al filone di indagine delle scuola guida e sulla vicenda tanto dibattuta delle intercettazioni. Il ricorso è stato proposto da G.M., 37 anni. Il Tribunale di Catanzaro, aveva annullato il provvedimento cautelare impugnato limitatamente al reato associativo contestato al capo 65); lo aveva riformato sostituendo la misura degli arresti domiciliari con quella dell'obbligo di dimora nel comune di residenza. Sempre il tribunale di Catanzaro aveva confermato nel resto il provvedimento del 7 dicembre 2020 con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Paola aveva disposto l'applicazione della misura cautelare nei confronti di G.M. in relazione a quindici imputazioni provvisorie di falso ideologico in atto pubblico fidefacente e a due di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio.



Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso l'indagato. Con un unico articolato punto, si eccepisce l'inutilizzabilità delle intercettazioni “valorizzate ai fini cautelari, in quanto eseguite in un procedimento avente ad oggetto reati di criminalità organizzata diversi e non connessi con quelli addebitati con il provvedimento genetico della misura, per i quali non è neppure previsto l'arresto obbligatorio in flagranza”. La cassazione evidenzia che, la portata applicativa della norma che riguarda l'inutilizzabilità delle intercettazioni provenienti da diversi procedimenti, “è stata definita dalle Sezioni Unite, le quali hanno chiarito che, in tema di intercettazioni, il divieto di cui all'art. 270 cod. proc. pen. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse sono state autorizzate, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza, non opera con riferimento agli esiti delle operazioni relative ai soli reati che risultino connessi a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata "ab origine" disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall'art. 266 cod. proc. Pen.”. Spiega la Cassazione: “Il Tribunale del riesame di Catanzaro, richiamando il contenuto della motivazione dell'originaria ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, non ha violato la norma, di cui, anzi, è stata convincentemente esclusa la operatività nella fattispecie: avendo quel Collegio spiegato come le operazioni di intercettazione fossero state inizialmente autorizzate con riferimento ad altri reati, diversi da quelli poi contestati al G.M. con il provvedimento cautelare, ma fossero state successivamente "autorizzate specificamente per i reati di falsità in atto pubblico (permettendo) di disvelare fatti connessi rientranti nel catalogo di cui all'alt. 266 cod. proc. Pen.".



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