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Inchiesta traforo Monte Bianco: nessuna misura per gli indagati, coinvolti imprenditori del Tirreno

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  • 22 ott
  • Tempo di lettura: 2 min

Il Tribunale del Riesame di Torino respinge il ricorso della Procura di Aosta, coinvolti imprenditori calabresi del Tirreno, originari di Belvedere Marittimo; per l'inchiesta sul traforo del Monte Bianco, l'ex senatore Magorno di Diamante ascoltato solo come testimone


Nessuna misura cautelare nell’inchiesta traforo Monte Bianco Tirreno
Il traforo

22 ottobre 2025



Il Riesame di Torino respinge il ricorso della Procura di Aosta

Nessuna misura cautelare per i sette indagati nell’inchiesta sulla presunta corruzione legata ad alcuni appalti della Società italiana traforo Monte Bianco (Sitmb), l’indagine, che tocca anche la costa del Tirreno cosentino, coinvolge imprenditori originari di Belvedere Marittimo e altri operatori del settore edilizio e infrastrutturale.

Il Tribunale del Riesame di Torino, al termine dell’udienza del 15 ottobre, ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Aosta, che aveva impugnato il rigetto delle misure cautelari disposto a luglio dal Gip Paladino. Una decisione che di fatto chiude la prima fase della vicenda sul piano cautelare.



L’inchiesta e le accuse

L’inchiesta, coordinata dal pm Giovanni Roteglia e condotta dai Carabinieri di Aosta, ruota intorno a due affidamenti della Sitmb:

  • il primo riguarda l’evoluzione funzionale della galleria autostradale di Entrèves, un appalto da oltre 224mila euro aggiudicato nel 2023 alla NG Strade;

  • il secondo, la realizzazione di una piazzola di sosta per mezzi pesanti a Pollein, del valore di 125mila euro, affidato direttamente alla Techne Spa.

Secondo l’impostazione accusatoria, l’allora Rup della Sitmb, Oreste Pizzetti, non avrebbe segnalato un subappalto non autorizzato da 188mila euro, assegnato all’imprenditore calabrese Pasquale Liporace, nonostante la sua azienda risultasse gravata da cause di esclusione.

Gli indagati sono sette: Oreste Pizzetti, i fratelli Pasquale, Nicola e Rosario Liporace (quest’ultimo di Belvedere Marittimo), Bruno e Antonella Bortone della NG Strade (Caserta) e Massimiliano Opramolla, socio della Techne Spa (Milano). Le ipotesi di reato, a vario titolo, spaziano dalla corruzione al riciclaggio, fino alla violazione delle norme sui subappalti e alla rivelazione di segreti d’ufficio.





I rapporti con la Calabria e la testimonianza di Magorno

Uno degli aspetti più discussi, almeno sul Tirreno cosentino, dell’inchiesta riguarda i presunti contatti che Pizzetti avrebbe cercato di ottenere, tramite Rosario Liporace, per ottenere un trasferimento lavorativo più vicino alla propria famiglia. In questo contesto compare il nome del senatore Ernesto Magorno, ex sindaco di Diamante ed ex membro del Copasir.

Il Gip ha precisato che Magorno è stato ascoltato solo come testimone e non risulta indagato. Nella sua ordinanza si legge: “Liporace ha ammesso che, su richiesta del Pizzetti, egli aveva messo in contatto quest’ultimo e l’esponente politico calabrese tramite il proprio fratello, ma aveva chiarito che dall’incontro non sarebbe derivato alcun vantaggio, poiché Magorno non fa favori”.



Indagine ancora aperta, ma nessuna misura restrittiva

Tutti gli indagati restano in libertà e senza obblighi o restrizioni, mentre l’indagine prosegue sul piano ordinario presso la Procura di Aosta. La decisione del Riesame rappresenta un passaggio importante per la difesa degli imputati, ma non mette la parola fine al procedimento, che continuerà a svilupparsi nelle prossime settimane con nuovi accertamenti tecnici e testimonianze.




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