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Sequestro sul lungomare: interviene la proprietà della struttura

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  • 29 gen 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

«Dispiace quanta leggerezza ci sia nell'esprimere giudizi affrettati, senza conoscere la reale situazione»



SCALEA – 29 gen. 22 - Altre reazioni nella complessa vicenda del sequestro della struttura ricettiva sul lungomare Ruggiero di Lauria di Scalea. Come è noto, nei giorni scorsi sono stati apposti i sigilli alla struttura che la proprietà ha in parte affidato ad un ristoratore di Scalea. La Guardia di finanza e l'agenzia del Demanio contestano il mancato pagamento dei canoni e di conseguenza lamentano l'intervenuta revoca della concessione. La proprietà della struttura storica balneare di Scalea ha diffuso una nota nella quale si legge: “Visto il risultato del gioco tra chi sia la vittima e chi sia il carnefice, si intende chiarire un po' i ruoli. Teniamo a precisare di essere orgogliosi del livello raggiunto dalla struttura grazie alla sana gestione del ristorante”. Il proprietario precisa che ogni situazione è stata sempre segnalata al gestore “con documentazione alla mano, facendo sempre fronte comune”. Il proprietario della struttura balneare spiega: «I mancati pagamenti delle concessioni del passato (così definiti nelle interviste) non sono altro che richieste di pagamento fatte dal comune nel lontano 2013, riferite ad anni ancora precedenti, bensì non per il mancato pagamento del canone annuale, versato puntualmente, ma per una rideterminazione dei canoni demaniali retroattiva dovuta alla legge 296/2006 dei 5 anni precedenti; secondo noi, e non solo, non legittimi, ma accettati per la necessità di lavorare e non creare un contenzioso lungo con il comune che avrebbe comportato la sospensione della concessione.


Nonostante tutto – precisa la proprietà - la nostra concessione, come le altre, è stata rinnovata fino al 2020, così come stabilito per legge, poiché se non avessimo avuto i titoli o i pagamenti nel 2015, non avremmo ottenuto il rinnovo. In seguito a questa richiesta è stata fatta una perizia giurata di parte nel 2019 che il comune ha accettato e fatta sua nell'aprile 2020, in pieno lockdown. Nel periodo di riapertura delle attività, il 29 giugno 2020, è stata notificata direttamente la decadenza delle concessioni, dovuta al mancato pagamento della cifra da noi indicata e dagli uffici competenti comunali accettata. Come un fulmine a ciel sereno. Il 2 luglio con un enorme sforzo economico, abbiamo versato per intero la cifra richiesta, il comune non ritirando l'atto di decadenza ci ha costretti a ricorrere al Tar e successivamente al Consiglio di Stato, ottenendo una sospensiva». La proprietà afferma ancora: «Di tutto questo, abbiamo sempre parlato con la famiglia che ha in gestione il locale, con lo spirito reciproco di familiarità e soprattutto con la sensazione di sentirci entrambi vittime di questa situazione, poiché è fonte di reddito sia per loro che per noi, avendo anche altre attività collegate alla concessione. Da quella data ad oggi abbiamo versato al demanio tra concessioni correnti (sempre pagate) e tasse regionali, tutto quanto dovuto, ma la novità salta fuori dagli uffici del demanio che non ritiene più sufficiente la cifra pagata, smentendo l'operato del tecnico comunale, richiedendo il pagamento per intero dell'importo accettato nel 2013.


Veniamo a sapere per puro caso che queste cifre sono state messe a ruolo all'Agenzia delle entrate, ci siamo attivati e abbiamo immediatamente richiesto e ottenuto la rateizzazione della somma totale senza aspettare lo sgravio delle somme versate a luglio 2020. Di fatto, rimuovendo l'unica causa alla base del provvedimento di decadenza. Dopo un anno e mezzo di trattative con gli enti, il Tar ha prodotto sentenza, rigettando il nostro ricorso, non tenendo in considerazione nessun pagamento effettuato in questi mesi». Una situazione complessa, insomma, e la proprietà non vuole passare «per chi ha incassato per anni, si è arricchito e non ha pagato migliaia e migliaia di euro, non tenendo conto dei sacrifici, delle consulenze, delle spese affrontate in tutti questi anni. Dispiace quanta leggerezza ci sia nell'esprimere giudizi affrettati, senza conoscere la reale situazione. Ribadendo che la mia famiglia non può che essere soddisfatta della rinascita del locale Ajnella sotto la gestione Vigrì, ormai diventata una realtà stimata e che dà lustro all'intero territorio, sono dispiaciuto delle incomprensioni e ci siamo attivati per risolvere al più presto l'incresciosa vicenda».



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