Omicidio Santo Nigro: tre condanne definitive e un rinvio, sentenza della Cassazione
Tre condanne definitive e un rinvio di atti limitatamente all'aggravante della premeditazione, per l'omicidio di Santo Nigro sentenza della Cassazione
Cosenza, 18 aprile 2024 – A distanza di circa 43 anni dall’omicidio di Santo Nigro, avvenuto il 18 novembre del 1981, per tre imputati su quattro, la Cassazione ha messo la parola fine con la sentenza che prevede tre condanne definitive e un rinvio di atti. Per il quarto imputato, infatti, va rivista l'aggravante della premeditazione. La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi degli imputati, confermando le condanne già inflitte: per Mario Pranno, un anno e sei mesi di reclusione; per Francesco Saverio Vitelli, due anni, per Aldo Acri, due anni. Mentre per Francesco Cicero, condannato a 14 anni, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente l’aggravante della premeditazione, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Assise di Appello di Catanzaro.
Riconosciuta la continuazione
E' un episodio legato ad un omicidio, ma, sin dal primo grado di giudizio, è stata riconosciuta la continuazione con i reati di altri fatti, contestati agli imputati ed accertati nei famosi processi “Missing” e “Luce”.
Parte civile nel processo è il figlio di Santo, Giuseppe Nigro, difeso dall'avvocato Alessandro Gaeta.
Mario Pranno è difeso dagli avvocati Marcello Manna e Gianluca Garritano; Francesco Saverio Vitelli, dall'avvocato Antonio Manno; Aldo Acri, dall'avvocato Fabio Di Santo; Francesco Cicero, è assistito dagli avvocati Riccardo Maria Panno e Paolo Pisani.
Le motivazioni della parte civile
Il delitto di Santo Nigro è avvenuto a Cosenza il 18 novembre del 1981 e Giuseppe Nigro, figlio della vittima, tramite l'avvocato Alessandro Gaeta aveva già spiegato le motivazioni che l'hanno indotto a costituirsi quale parte civile nel processo. Affermava l'avvocato Gaeta: “La ragione sta nel fatto che è convinto che finalmente potrà essere accertata con sentenza la verità sul movente dell’omicidio del padre. Infatti, egli non ha mai creduto a quanto si diceva sino a qualche tempo fa, e cioè che il padre, Santo Nigro, si era ritagliato un suo ruolo in una locale di mafia cittadina ed era stato ucciso perché aveva commesso uno sgarro”.
I reati contestati
Gli imputati, a vario titolo, erano chiamati a rispondere di omicidio, in concorso, con le aggravanti del caso, e di associazione di tipo mafioso. Si legge agli atti: “…In esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in concorso morale e materiale tra loro, nonché con Carmine Luce (deceduto), Pasquale Pranno e Antonio Musacco, (per i quali si procede separatamente), deliberavano e cagionavano la morte di Santo Nigro. In particolare, Mario Pranno, (Pasquale Pranno) e Francesco Saverio Vitelli, per via del rifiuto opposto alla richiesta di pagare l’estorsione all’associazione mafiosa denominata Perna-Pranno (associazione ‘ndranghetistica riconosciuta con sentenza della Corte di Assise di Cosenza del 09 giugno 1997, irrevocabile dal 03 luglio 2000) nonché per dare l’ “esempio” a tutti gli altri commercianti ed imprenditori, dunque in modo che il gesto servisse da “monito” per tutte le altre vittime, decretavano l’omicidio di Santo Nigro. Aldo Acri – si legge - esplodeva colpi di pistola cal. 38 nei confronti del Nigro, ferendolo mortalmente all’interno del negozio in allestimento di sua proprietà, sito in via Popilia 144 a Cosenza”.
Il trasferimento a Belvedere Marittimo
Spiega l'avvocato Alessandro Gaeta, difensore di fiducia di Giuseppe Nigro: “La sua convinzione è sempre stata quella, per come recita lo stesso capo di imputazione, che il padre aveva solo opposto un fermo rifiuto “alla richiesta di pagare l’estorsione all’associazione mafiosa denominata Perna Pranno”. In seguito al fatto di sangue, Giuseppe Nigro, poco più che ventenne, è stato costretto ad un immediato e radicale cambio di vita che lo ha allontanato da Cosenza, luogo in cui era cresciuto e vi aveva abitato sino a quel momento, per trasferirsi con madre, sorella e fratello a Belvedere Marittimo, luogo in cui il padre era proprietario di un fabbricato”.
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