Appalti e massoneria, la conferenza stampa. I particolari - Video
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Appalti e massoneria, la conferenza stampa. I particolari - Video

Operazione sul Tirreno cosentino con l'emissione di sei misure cautelari da parte della procura di Paola


Il procuratore capo di Paola, Pierpaolo Bruni

SCALEA – 30 giu. 21 - E' ormai conosciuta come l’inchiesta su “appalti e massoneria”, in virtù dell'attività di indagine portata avanti dai carabinieri della Compagnia di Scalea, dai colleghi del comando provinciale con il coordinamento della Procura di Paola, diretta dal procuratore Pierpaolo Bruni.

Si tratta di una prosecuzione dell'indagine che aveva già fatto registrare una prima attività lo scorso 27 gennaio e che non si è mai fermata. In precedenza, gli indagati erano 18. Nel secondo troncone di indagine, che si è concluso ieri con l'emissione di sei misure cautelari restrittive, il numero delle persone indagate si è ridotto a 16. Nella mattinata di ieri, i militari del nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Cosenza e della sezione operativa della Compagnia di Scalea, hanno eseguito le sei misure cautelari emesse dal Gip presso il Tribunale di Paola, Maria Grazia Elia, su richiesta del Procuratore della Repubblica di Paola, Pierpaolo Bruni.



A vario titolo, soni diversi capi di imputazione contestati. Ad alcuni dei principali indagati, raggiunti dalle misure cautelari, viene contestata anche l'associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione. Si torna, poi, a parlare di turbata libertà degli incanti e di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.

Le misure cautelari sono state eseguite tra la Calabria e la Basilicata. Si tratta della prima fase di indagine e le ipotesi di accusa dovranno trovare eventuali conferme nelle decisioni successive dell'autorità giudiziaria. Gli indagati raggiunti dalla misura cautelare sono: Luigi Cristofaro, 38 anni di Scalea e Giuseppe Del Vecchio, 63 anni, di Terranova del Pollino, in provincia di Potenza, entrambi agli arresti domiciliari.

Le altre misure sono state disposte per quattro tecnici: Paola Di Stio, 46 anni, di Belvedere Marittimo. Per lei, in qualità di responsabile del settore tecnico del comune di Belvedere Marittimo, è stata decisa l'interdizione per 12 mesi dall'esercizio del pubblico ufficio. Per Antonio Del Vecchio 57 anni, anch'egli di Terranova del Pollino, Maria Grazia Melega, 30 anni, di Santa Domenica Talao e Francesco Esposito, 37 anni, di Tortora, è stata disposta l'interdizione per sei mesi dall'esercizio dell'attività professionale di ingegneri.



Sono diversi gli episodi finiti nelle intercettazioni ambientali e telefoniche dei carabinieri del capitano Andrea Massari. Fra le presunte situazioni irregolari individuate dai carabinieri, per esempio, risultano i lavori da effettuare nel centro di Aieta, il comune al confine con la Basilicata. In questo caso, fra gli indagati, ci sono anche i due lucani raggiunti da misure cautelari e interdittive.

La procura contesta, a vario titolo, di aver posto in essere “condotte manipolatorie” in riferimento all'affidamento dei servizi tecnici relativi ai lavori di “consolidamento dei versanti in località San Giovanni e ripristino della viabilità” ad Aieta. Lavori per un importo pari a 70mila euro. In questo caso si presume che vi sia stato un accordo, al fine di tacere all'ente appaltante il conflitto di interessi in violazione al codice degli appalti. Nella mattinata di ieri, il procuratore capo di Paola, Pierpaolo Bruni, ha evidenziato i vari aspetti dell'indagine complessa e che riflette un modo di operare che la stessa Procura di Paola sta riscontrando anche in altre occasioni.



L'INTERVENTO DEL MAGGIORE SACCO

Nel corso della conferenza stampa di ieri il maggiore Giuseppe Sacco, comandante del nucleo investigativo di Cosenza ha ricordato che l'attività di indagine è stata avviata a giugno del 2020. Viene evidenziata la presunta sussistenza di un “cartello” formato da liberi professionisti che come ha sottolineato l'ufficiale dei carabinieri di Cosenza, “miravano ad eludere le norme sulla libera concorrenza e sulla trasparenza degli appalti”. L'attività si è focalizzata su appalti indetti da comuni dell'alto Tirreno cosentino e della provincia di Potenza con un volume di affari di circa 300mila euro. “Il modus operandi del cartello – ha sottolineato il maggiore Sacco – era quello di ottenere la legittima abilitazione, costituendo dei gruppi che partecipavano alle gare d'appalto e che dividevano successivamente l'importo con chi non era riuscito ad ottenere i lavori”. Al primo capo di imputazione viene contestata la violazione dell'articolo 416 del codice penale: “per avere, promosso e organizzato una associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di un programma criminoso avente lo scopo di commettere una serie indeterminata di reati contro la Pubblica amministrazione. In particolare – si legge - i professionisti Luigi Cristofaro e Giuseppe Del Vecchio, nella qualità di promotori e capi della associazione, Antonio Del Vecchio, Maria Grazia Melega e Francesco Esposito nella qualità di associati, avrebbero costituito e partecipato ad una stabile organizzazione, costituente un vero e proprio “cartello” di professionisti, che mirava ad eludere le norme sulla libera concorrenza e trasparenza degli appalti al fine di ottenerne illegittimamente l’aggiudicazione e dividerne gli importi tra tutti gli associati, compresi quelli non aggiudicatari dell’appalto, secondo percentuali predeterminate. In particolare, i delitti -scopo erano perseguiti attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate tra gruppi formalmente distinti, ma tutti agenti per conto della organizzazione, ovvero - si legge - mercè l’inserimento all’interno delle amministrazioni appaltanti di persone con cui erano legati da consolidati rapporti di cointeressenza”.

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L'INTERVENTO DEL CAPITANO ANDREA MASSARI

SCALEA - Il capitando Andrea Massari, comandante della compagnia carabinieri di Scalea, nel corso della conferenza stampa ha evidenziato il risultato ottenuto, coordinato e diretto dal procuratore Bruni, “frutto di una inevitabile sinergia fra tutti i reparti e le istituzioni coinvolte”. Anche il capitano Massari ha evidenziato la presenza di una presunta organizzazione che aveva collegamenti specifici con l'inserimento all'interno delle stazioni appaltanti di persone collegate e legate da “consolidati rapporti di cointeressenza”. «Il metodo utilizzato – ha evidenziato in conferenza stampa il capitano Massari – era quello di ideare di volta in volta un meccanismo idoneo ad eludere le regole dei bandi. L'indagine si è mossa su particolari presupposti fino a porre sotto la lente di ingrandimento una serie di procedure per l'affidamento di servizi tecnici, come quella del comune di Aieta. L'indagine ha puntato l'obiettivo, in riferimento alla provincia di Potenza, sulla vicenda dell'incarico professionale per la verifica tecnica dei livelli di vulnerabilità sismica all'istituto tecnico del comune di Moliterno, nella stessa provincia di Potenza. Il metodo era sempre lo stesso – ha raccontato il capitano Massari – con la costituzione di Rtp, responsabili tecnici del procedimento, facenti capo ai vari sodali che partecipavano alle varie gare d'appalto con il fine ultimo di spartirsi gli importi utili elargiti, dividendoli in modo equo». Ma l'attività di indagine non si è soffermata solo su questi aspetti; il capitano Massari, in conferenza stampa, ha spiegato che è stata rilevata la presenza di una serie di presunte condotte collusive, poste in essere dal responsabile dell'ufficio tecnico del comune di Belvedere Marittimo. «talune anche in concorso con alcuni componenti dell'associazione a delinquere. Il tutto – ha raccontato l'ufficiale dell'Arma – era finalizzato ad assegnare alle ditte amiche, appalti e affidamenti diretti, utilizzando, in taluni casi, anche un formale criterio di rotazione, comunque in violazione della normativa vigente in materia. Nell'ambito dell'attività, tra i mesi di settembre e ottobre del 2020, a Belvedere Marittimo, sono stati documentati quattro episodi in particolare che hanno sempre riguardato comunque affidamento di appalti pubblici. I vari attori, indagati, andavano a stabilire le ditte che dovevano concorrere in maniera fittizia alle procedure amministrative, quando a monte, invece, si era già decisa l'impresa alla quale doveva essere concesso l'appalto. In un caso, in particolare, l'ufficio tecnico avrebbe concordato direttamente con l'imprenditore la percentuale al ribasso, in modo tale da potersi ritrovare un affidamento diretto sotto soglia, al fine di evitare la consultazione di altri operatori economici, con il patto di utilizzare il residuo per altri lavori da assegnare quale variante in corso d'opera».

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L'ESCLUSIONE DI ALCUNI INDAGATI DEL PRIMO BLOCCO DI INDAGINE

DIAMANTE – Aveva consegnato spontaneamente la tessera di iscrizione alla loggia massonica, si era avvalso della facoltà di non rispondere. E' attualmente fuori dall'indagine, Franco Arcuri, di Diamante, Quest'ultimo, come fa notare il suo avvocato di fiducia, non solo non è interessato da misure cautelari, ma è addirittura uscito fuori dall'indagine. Arcuri, era interessato, insieme ad altri, nell'indagine proveniente dal filone della presunta violazione della legge Anselmi per l'asserita appartenenza ad una loggia deviata. L'avvocato Francesco Liserre ha sottolineato che in occasione della fase di interrogatorio, il suo assistito si era avvalso della facoltà di non rispondere per non fornire, anche involontariamente, alcuni tasselli. In sede di interrogatorio, davanti ai carabinieri di Scalea, delegati dalla procura, erano stati forniti documenti atti a dimostrare, contrariamente all'asserita ipotesi investigativa, l'assoluta regolarità di appartenenza alla loggia massonica. Una situazione alla luce del sole.

Nel secondo filone di indagine non compare neanche Donato Vincenzo Rosa di Scalea.



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