S. Domenica Talao, condanna definitiva per il "boss della montagna"
Accusato di due episodi di estorsione e tentata estorsione aggravati dal metodo mafioso ai danni di imprese appaltatrici di lavori pubblici eseguiti nel comune di Santa Domenica Talao
SANTA DOMENICA TALAO – 20 feb. 23 - Condanna definitiva per il “Boss della montagna”. Così era stato chiamato Giuseppe Bloise, 56 anni, Accusato di due episodi di estorsione e tentata estorsione aggravati dal metodo mafioso ai danni di imprese appaltatrici di lavori pubblici eseguiti nel comune di Santa Domenica Talao. L'uomo è stato condannato in via definitiva a sette anni di reclusione e 6mila euro di multa per il reato di estorsione pluriaggravata. La Cassazione ha recentemente dichiarato inammissibile il ricorso e ha condannato l'uomo anche al pagamento delle spese processuali. Con sentenza emessa in data 8 settembre 2021 la Corte di appello di Catanzaro aveva confermato la sentenza con la quale il primo giudice aveva inflitto la pena di sette anni di reclusione.
Secondo la tesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l'imputato era stato organizzatore e mandante di una grave azione intimidatoria, eseguita materialmente da due complici, ad esito della quale aveva ottenuto la consegna di 1.500 euro da una ditta appaltatrice di lavori, in corso, all'epoca dei fatti, nel Comune di Santa Domenica Talao. Bloise, nel ricorso, chiedeva l'annullamento della sentenza in ragione di tre motivi. “Violazione di legge nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità. Dalla stessa imputazione – si legge nel ricorso- non era chiaro se l'imputato fosse stato concorrente morale o materiale nella vicenda estorsiva, consumata in un luogo ove la presenza di Bloise è rimasta indimostrata nella sentenza impugnata, carente anche nel passaggio logico relativo al mandato asseritamente conferito ai due esecutori materiali. La Corte di appello non ha correttamente applicato i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di prova indiziaria, ritenendo dimostrato un incontro fra il ricorrente e Forestieri che invece non risulta dal filmato cui si fa riferimento nella sentenza.
Non vi è neppure la prova di contatti fra i due in quello stesso giorno”. Secondo la Cassazione: “Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi generici, non consentiti e comunque manifestamente infondati. Il Tribunale di Paola – si legge - con ampia motivazione, sintetizzata nella sentenza impugnata, aveva già esaminato tutte le eccezioni difensive poi riproposte nell'atto di appello e nuovamente disattese dalla Corte territoriale con puntuali e specifiche argomentazioni, con le quali il ricorrente si è confrontato solo apparentemente, riproponendo nella sostanza le medesime deduzioni, come se a ognuna di esse non vi fosse stata risposta da parte del giudice di secondo grado”.