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Dallo spunto investigativo dei carabinieri di Scalea all'ergastolo di Pietrolungo di Cetraro per omicidio

  • Immagine del redattore: miocomune.tv
    miocomune.tv
  • 17 set
  • Tempo di lettura: 4 min

La sentenza sul delitto dei coniugi Fioretto-Bergonzi: Umberto Pietrolungo, 59 anni di Cetraro, indicato come responsabile materiele del duplice omicidio; le indagini del "cold-case" riaperte grazie allo spunto investigativo del capitano Regina della compagnia di Scalea


Omicidio Bergonzi Fioretto Vicenza , ergastolo a Pietrolungo
Il profilo genetico

La sentenza sul duplice omicidio di Vicenza del 25 febbraio 1991 conferma la condanna all'ergastolo per Umberto Pietrolungo di Cetraro; lo spunto investigativo grazie ai carabinieri della compagnia di Scalea.


Sentenza sul delitto Fioretto-Begnozzi

Dopo oltre tre decenni, la giustizia si pronuncia su uno dei più intricati cold case italiani. La giudice Antonella Crea del tribunale di Vicenza ha condannato all’ergastolo Umberto Pietrolungo, 59 anni, accusato di aver ucciso l’avvocato civilista Pierangelo Fioretto e la moglie Mafalda Begnozzi, freddati nel cortile della loro casa il 25 febbraio 1991.

Il procuratore capo di Vicenza, Lino Giorgio Bruno, ha sottolineato:

«È solo una parte di verità processuale: resta ancora da individuare il secondo killer, il mandante e soprattutto il movente che ha determinato il duplice omicidio».


Le reazioni della difesa

In aula gli avvocati di Pietrolungo hanno annunciato ricorso in appello. L’avvocata Matilde Greselin ha dichiarato:

«Siamo molto amareggiati. A volte la verità processuale non coincide con quella reale. Leggeremo le motivazioni e impugneremo la sentenza».

Il 59enne ha assistito alla lettura del verdetto in videoconferenza dal carcere, apparendo «profondamente provato».


La dinamica del delitto

Quella sera del 1991, Fioretto rientrava come di consueto dal suo studio. Nel cortile lo attendevano due uomini: ne seguì un’accesa discussione, subito degenerata in una sparatoria. Dieci colpi raggiunsero l’avvocato, cinque la moglie che tentava di soccorrerlo. I sicari fuggirono su un’Alfa Romeo 75 rubata. Le armi, pistole giocattolo Nuova Molgora modificate in strumenti letali, erano dotate di silenziatore.





La svolta grazie al Dna

Il caso ha trovato una svolta solo nel febbraio 2023, quando la polizia scientifica ha riscontrato compatibilità genetica tra un guanto di pelle abbandonato sul luogo del delitto e un campione di Dna di Pietrolungo, già sequestrato in Calabria in un’indagine per sparatoria. Determinanti anche le impronte digitali sul silenziatore e le testimonianze che lo collocavano nei pressi dell’abitazione dei coniugi.


L'indagine dei carabinieri di Scalea

La pista investigativa dell'omicidio dei coniugi Fioretto Begnozzi si è riaccesa come un faro, un po' grazie alla tecnologia che ha aiutato moltissimo per la comparazione del Dna, ma anche per lo spunto investigativo dei carabinieri di Scalea, coordinati all'epoca dei fatti, dal capitano Andrea D'Angelo, comandante della compagnia e dal comandante del nucleo operativo e radiomobile, il capitano Giuseppe Regina. Quest'ultimo con pignoleria investigativa aveva raccolto diversi elementi compreso un bulbo pilifero in un fazzoletto; la chiave di volta per la comparazione del Dna con i reperti inestigativi delle indagini sul duplice omicidio di Vicenza.


L'albergo a Cirella

Gli ulteriori sviluppi delle indagini riconducono, infatti, anche sul Tirreno cosentino a Scalea e Cirella. “Con nota del 24 febbraio 2023 il servizio di polizia scientifica direzione centrale anticrimine della polizia di Stato segnalava l’avvenuto accertamento di concordanza positiva al primo livello – si legge - tra i profili del Dna rilevati sul guanto in pelle con altro profilo, acquisito dai campioni biologici estratti da reperti sottoposti a sequestro dai carabinieri della compagnia di Scalea, in Calabria, sul luogo del ferimento con colpi d’arma da fuoco di Roberto Martini, fatto accaduto a Cirella di Diamante l’8 gennaio 2022 all’interno dell’Hotel San Daniele”.





L'approfondimento investigativo

I carabinieri della compagnia di Scalea, alla presenza del capitano Giuseppe Regina, in quella occasione non si accontentarono di fermarsi alle solite indagini di routine. Il ferimento di Roberto Martini portava al Pietrolungo persona ritenuta ad alto livello nella cosca Muto. Il cetrarese, in quel periodo era latitante e apparve nelle riprese di alcune telecamere di videosorveglianza. Da qui, la decisione di procedere ad una perquisizione che grazie all'accuratezza dei carabinieri permise di ricavare dei campioni biologici. Infatti, per inchiodare il cetrarese, vennero prelevati dei fazzolettini lasciati in una stanza. Dagli oggetti recuperati e dal prelievo del Dna in carcere venne confermata la piena compatibilità.


I reperti nella banca dati

L'ulteriore passo è l'inserimento dei reperti nella banca del Dna che ha subito fatto accendere la luce sul caso dell'omicidio di Vicenza, perchè il Dna rinvenuto a Cirella sarebbe perfettamente compatibile con quello rinvenuto sulle armi giocattolo modificate utilizzate per l'omicidio dei coniugi e sul guanto in pelle recuperato all'epoca dagli investigatori. Si tratta in pratica di uno dei reperti sottoposti all’esame della Sezione Biologia del Raggruppamento Investigazioni Scientifiche di Messina dell’Arma dei Carabinieri, costituito da un bulbo pilifero isolato sul fazzoletto, dal quale è stato possibile estrarre un profilo genetico che denotava totale “sovrapponibilità allelica” con l'altro campione ottenuto dal tampone orale raccolto nei confronti di persona identificata nel contesto di un separato procedimento penale. L’acquisizione degli atti da parte della Procura di Vicenza, richiesti alla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Catanzaro, ha consentito di accertare che quest’ultimo campione era stato estratto a Umberto Pietrolungo, persona nata a Cetraro il 20 marzo 1966. La coincidenza dei profili, accertata dalla Polizia Scientifica, veniva affermata sulla base della migliore scienza ed esperienza genetica.



Legami con la criminalità organizzata

Pietrolungo, nipote di Lido “Cunfietto” Scornaienchi, uomo vicino al boss cetrarese Franco Muto, era già emerso in diverse indagini antimafia per traffico di droga, estorsioni e usura.Ora, mentre la condanna individua un responsabile materiale, resta da chiarire chi abbia ordinato il duplice omicidio e perché.


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