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Tirreno: il processo Smeco conferma la debolezza dei depuratori. Via alle richieste di risarcimento

I comuni di Tortora, Santa Maria del Cedro, Santa Domenica Talao e Verbicaro pronti a chiedere il risarcimento alle aziende che gestivano la depurazione negli anni scorsi



SANTA MARIA DEL CEDRO – 5 dic. 22 - La Cassazione ha pubblicato le lunghe motivazioni della sentenza del processo conosciuto come “Smeco” dal nome della società che gestiva gli impianti di depurazione di diversi comuni del Tirreno e non solo. Come avevamo già anticipato nel giorno dell'emissione della sentenza, la Suprema corte di Cassazione ha accolto la tesi dell'avvocato penalista Lucio Conte. Lo scorso 27 settembre, come richiesto dal difensore dei 4 comuni ricorrenti, la Cassazione ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Cui ha rimesso anche la liquidazione delle spese di questo grado di giudizio. I quattro comuni che hanno proposto il ricorso sono Tortora, Santa Maria del Cedro, Santa Domenica Talao e Verbicaro.

CITATI I RESPONSABILI CIVILI

Quali responsabili civili sono stati citati: Smeco Lazio e Cosenza, Giseco Cosenza, Hidrobrutium e Arbela. Il ricorso in Cassazione, contro la sentenza emessa il 14/12/2020 dalla Corte di appello di Catanzaro. I fatti contestati riguardavano la gestione degli impianti di depurazione dell'Ambito Territoriale Ottimale 1 di Cosenza da parte della società Smeco che operava, con un'associazione temporanea d'imprese. Tale attività di gestione comportava il servizio integrato di conduzione, manutenzione, controllo e custodia degli impianti di depurazione e degli impianti di sollevamento delle reti fognarie nel territorio calabro riconducibile al lotto numero 1, denominato "Calabria Uno Cosenza".



L'INEFFICIENZA DEL SERVIZIO DEPURAZIONE

“Nel giudizio di merito – si legge - si accertava una generale inefficienza del servizio di depurazione degli impianti affidati alla società Smeco. e di una corrispondente condizione anomala delle acque marine del tratto dell'alto cosentino, che venivano inquinate dallo sversamento dei reflui dovuti a tali carenze gestionali. In tale vasta area del territorio insistevano i numerosi centri urbani serviti dall'ente societario, nelle cui coste sfociavano i corsi d'acqua su cui confluivano le acque provenienti dai depuratori gestiti dalla società in esame, che, in conseguenza della cattiva gestione delle attività di depurazione, determinava un inquinamento del tratto costiero controverso, che si protraeva fino alla cessazione dell'attività contrattuale, che si interrompeva il 7 giugno 2012.

L'inefficienza del servizio di depurazione degli impianti affidati alla società Smeco – si legge ancora - può ritenersi incontroversa e non è nemmeno contestata nei giudizi di merito, risultando dimostrata dalla documentazione prodotta in udienza dal pubblico ministero - e soprattutto da quella depositata all'udienza dell'l marzo 2016 -, che veniva corroborata dalle deposizioni testimoniali acquisite nel corso dell'articolata istruttoria dibattimentale svolta, nel processo di primo grado, davanti al Tribunale di Paola”.



RICORSI DEI COMUNI FONDATI

La Cassazione ha ritenuto che i ricorsi proposti dalle parti civili costituite, i comuni di Tortora, Santa Maria del Cedro, Santa Domenica Talao, Verbicaro, assistiti dall'avvocato Lucio Conte, sono fondati. Viene confermata “la congruità” del giudizio di assoluzione degli imputati. “I versamenti di reflui nelle acque tirreniche – si legge - pur incontroversi, conseguivano al fatto che l'azienda aveva avuto delle difficoltà gestionali non imputabili agli imputati, già evidenziate in relazione all'ipotesi di reato di cui al capo 1 della rubrica, che avevano comportato l'impossibilità di presidiare i diversi impianti di smaltimento e l'utilizzo di personale scarsamente qualificato, da cui erano derivate, in larga parte, le conseguenze inquinanti in questione. Queste inefficienze gestionali, secondo il Tribunale di Paola, avevano determinato una situazione di sovraccarico degli impianti di depurazione gestiti dalla società Smeco e dalle società consorziate, che risulta pacifica e non è contestata nei giudizi di merito”.



DISSERVIZI NEL SISTEMA DEPURAZIONE

E ancora: “Si evidenziava, in particolare, che l'istruttoria dibattimentale aveva fatto emergere gravi disservizi nel sistema di depurazione gestito dalla società Smeco, che aveva provocato contingenti fenomeni di inquinamento marittimo, talora anche estesi, ma, a fronte di tali, non contestati, disservizi, non era stato accertato che le inadeguatezze gestionali erano il frutto di una politica aziendale fraudolenta, finalizzata a costituire un sistema di illecito smaltimento dei rifiuti, dalla quale era derivato un pericolo per la pubblica incolumità nell'area cosentina”.

Secondo la Corte di Cassazione: “Occorreva, dunque, verificare processualmente la possibilità di individuare un evento disastroso in un fenomeno non dirompente ed eclatante, ma diffuso, silente e penetrante, valutandone la compatibilità”.



IL RINVIO AL GIUDICE CIVILE COMPETENTE

Le lunghe e particolareggiate conclusioni, si legge infine nella sentenza di Cassazione: “Impongono conclusivamente l'annullamento della sentenza impugnata dalle parti civili, il Comune di Tortora, il Comune di Santa Maria del Cedro, il Comune di Santa Domenica Talao, il Comune di Verbicaro, limitatamente alle statuizioni civili, con il conseguente rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello per un nuovo giudizio, che dovrà celebrarsi nei confronti degli imputati Domenico Albanese, Gessica Lilia Plastina, Raffaele Romeo e Rosaria Rita Mazzacuva e dei responsabili civili Smeco Lazio s.r.l., Smeco Cosenza s.r.l., Giseco Cosenza s.r.l., Hidrobrutium s.c.a.r.l., Arbela s.r.l., in persona del rispettivi rappresentanti legali temporanei”.



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