Scalea, "Plinius” estorsione ai Rotondaro: il rigetto del ricorso di Silvestri
La Cassazione conferma le sentenze di primo e secondo grado e rigetta il ricorso di Giuseppe Silvestri che dovrà pagare anche le spese processuali

SCALEA – 3 gen. 21 - La corte di Cassazione ha pubblicato le motivazioni del ricorso proposto da Giuseppe Silvestri, 61 anni, contro la sentenza della Corte d'Appello di Catanzaro del 19 febbraio 2019. Giuseppe Silvestri è uno dei numerosi personaggi coinvolti nelle indagini relative al filone Plinius. La cassazione, lo scorso 2 dicembre, ha rigettato il ricorso ed ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte d'Appello di Catanzaro aveva confermato la sentenza del Tribunale di Paola del 20 ottobre 2017 che aveva condannato Giuseppe Silvestri alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili per il reato di tentata estorsione pluriaggravata, per avere, in concorso con altri soggetti, separatamente giudicati, minacciato in più occasioni l'imprenditore di Scalea Nunzio Rotondaro, anche con l'uso di una pistola, perché consegnasse la somma di 380mila euro della quale l'imputato assumeva essere creditore. Secondo Silvestri, fra le altre cose, “Dal capo di imputazione non si comprenderebbe quali tra le tante intimidazioni subite dalla persona offesa sarebbero attribuibili al ricorrente, posto che l'unica indicazione era a condotte "poste in essere in tempi e luoghi differenti", circostanza che non avrebbe consentito di articolare una prova d'alibi”; contestato anche il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità del ricorrente.
“La Corte avrebbe fondato la sua decisione sulle dichiarazioni della persona offesa Nunzio Rotondaro, attribuendovi attendibilità senza tenere conto delle tante incongruenze del racconto segnalate dalla difesa, della conflittualità esistente tra le parti (documentata dalle liti giudiziarie pendenti), dell'interesse economico della presunta vittima a formulare le sue accuse e della personalità, in quanto soggetto attinto da precedenti penali”. La Corte di appello, “con motivazione priva di vizi logico-giuridici rilevabili” spiega la Cassazione, ha confermato la sentenza del Tribunale in ordine alla ricostruzione del fatto, segnalando che le dichiarazioni della persona offesa, il cui giudizio di attendibilità è operazione inerente al merito del processo, erano state riscontrate da ben tre testimoni su aspetti salienti del racconto. Il ricorso tende a segmentare tali risultanze, evitando di cogliere la dimensione complessiva delle conferme estrinseche, idonee a superare ogni critica difensiva. “Il fratello della vittima, Nicola Rotondaro, oltre ad avere avuto riferito dal fratello tutti i termini della vicenda estorsiva raccontandoli a sua volta in modo conforme al protagonista, aveva anche personalmente assistito alle visite effettuate a più riprese dai correi dell'imputato presso i locali di pertinenza della persona offesa, riconoscendoli in fotografia. La sentenza di primo grado, cui la Corte territoriale rinvia per relatìonem condividendone tutto il contenuto anche nelle parti non direttamente riesaminate, aveva sottolineato il particolare che anche il teste Nicola Rotondaro, in una specifica occasione, fosse stato minacciato da uno dei correi del ricorrente”.
C'è poi uno dei testimoni, collaboratore della persona offesa, che aveva confermato di avere accompagnato quest'ultima ad un incontro al quale non aveva assistito (quello in cui la persona offesa era stata minacciata con la pistola) guidando l'autovettura sulla quale, secondo il racconto di Nunzio Rotondaro, erano saliti il ricorrente ed un correo. Secondo la Cassazione, “Risulta a chiare lettere, dalla sentenza impugnata e da quella di primo grado, come l'imputato avesse assunto il ruolo di protagonista della vicenda illecita, attivando i suoi correi criminali e condividendone l'agire in ogni aspetto, avendoli incaricati di intervenire presso la vittima, cosa che si era verificata più volte.Ciò posto, il ricorrente, secondo la ricostruzione offerta in punto di responsabilità dai giudici di merito, sulla quale ci si è già soffermati, ha condiviso anche i decisivi segmenti della condotta dei correi che portano a qualificare il fatto in termini di estorsione indipendentemente dalla intensità della violenza.I coimputati, infatti, per incutere ancora maggior timore nella vittima, non soltanto avevano agito manifestando un interesse proprio (quali creditori a loro volta dell'Imputato che non poteva onorare il suo debito a causa del mancato pagamento di quanto dovutogli dalla persona offesa), ma avevano anche fatto riferimento alle esigenze della organizzazione criminale, alla quale mostravano di appartenere, di sostentare "le famiglie dei carcerati che dovevano mangiare".